Approvata dal Consiglio dei Ministri il 16 ottobre 2107, il 1° gennaio è entrata ufficialmente in vigore la Legge di Bilancio 2018 promettendo, secondo le intenzioni  del governo: incentivi per assumere giovani, sostegno alle imprese che innovino, anticipo della pensione per alcune categorie e maggiori risorse per i contratti pubblici. Il termine “legge di Bilancio” è abbastanza nuovo, poiché approvato in via definitiva nel luglio 2016 a seguito della legge che disciplina la nuova riforma del bilancio dello stato italiano presentata da Francesco Boccia (primo firmatario), presidente della commissione Bilancio della Camera. Prima di allora si utilizzava il termine “legge finanziaria” per riferirsi sostanzialmente alla stessa legge ordinaria del governo italiano che, regolando la politica economica del paese per un triennio attraverso misure di finanza pubblica e di politica di bilancio, viene pubblicata regolarmente sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, con il titolo “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”. Tale legge si attesta come norma principale prevista dall’ordinamento giuridico italiano dal momento che possiede la facoltà di introdurre innovazioni normative in materia di entrate e di spesa, fissando anche il tetto dell’indebitamento dello Stato. Solo a seguito dell’approvazione da parte del Parlamento, la legge finanziaria si appresta così a regolare la vita economica del nostro Paese nell’arco di un anno solare. Quella del 2018 sarà una manovra da 20 miliardi di euro circa, di cui ben 15,7 miliardi serviranno soltanto per neutralizzare le clausole di salvaguardia, cioè gli aumenti automatici dell’Iva concordati in passato dal governo italiano con l’Europa, per ottenere in cambio un po’ di flessibilità sui conti. Le novità, come ogni anno, sono molte e interessano un gran numero di cittadini italiani, in sintesi si passa dal tema del lavoro, della formazione e della previdenza, a quello del sostegno alle imprese, alle politiche per la famiglia, alle agevolazioni per la casa e, infine, alla cultura e al turismo. Anche le professioni, come quella forense e quella notarile, vengono interessate dalla nuova legge di bilancio.

In data 11 dicembre il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto correttivo al Codice dell’amministrazione digitale, decreto correttivo del d.lgs. 26 agosto 2016, n. 179, che rappresenta la sesta modifica apportata al testo originario del 2005. Legata alla professione legale sono da tenere in considerazione termini come il nuovo concetto di “forma scritta” valida legalmente al di là della apposizione di firma digitale o elettronica, il domicilio digitale ed il Difensore civico digitale unico. Per quanto riguarda i documenti digitali, la missione del nuovo testo è quella di “garantire maggiore certezza giuridica in materia di formazione, gestione e conservazione dei documenti digitali”. Qualsiasi sistema, quindi, anche diverso dalla firma digitale, dalla firma elettronica avanzata o da quella semplice (sottoposta al vaglio del giudice), potrà essere ammesso in modo che un documento informatico (un contratto, una informativa privacy etc.) possa produrre gli stessi effetti giuridici della cosiddetta scrittura privata, anche senza che i suoi firmatari dispongano di una firma digitale o elettronica avanzata. Un nuovo sistema che darà filo da torcere più ai notai che agli avvocati, visto che dovranno tenere sotto controllo più sistemi di formazione del documento per valutarne la validità. Poco impatto a livello professionale avrà, invece, la norma sul domicilio digitale, visto che gli avvocati ne devono disporre obbligatoriamente per i processi telematici già in vigore. Ricordo, inoltre, che la legge di Bilancio 2018 (n. 205/2017), all’articolo 1, comma 1150 , ha prorogato per un altro anno (fino al gennaio 2019) l’obbligo del deposito di almeno una copia cartacea del ricorso e degli scritti difensivi. Dal primo gennaio, inoltre, il processo amministrativo è diventato “tutto” telematico, nel senso che i depositi online dalla piattaforma della giustizia amministrativa riguardano anche tutti gli atti afferenti ai ricorsi depositati prima del 1° gennaio 2017, dunque in cartaceo. Il pagamento del contributo unificato deve, d’ora in poi, effettuarsi solo con il Mod. F24 Elide.

La legge di bilancio ha apportato rilevanti novità anche in materia di notificazione degli atti giudiziari, modificando il testo della legge 890/1982, che disciplina la tematica delle “Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari”. Il primo e più rilevante cambiamento, con riferimento ovviamente al servizio postale, riguarda l’introduzione di un comma 3 al primo articolo della legge che subordina la licenza individuale per i servizi riguardanti le notificazioni a specifichi obblighi del servizio universale con riguardo alla sicurezza, alla qualità, alla continuità, alla disponibilità e all’esecuzione dei servizi medesimi ed ipotizza così, a mio avviso, un voluto superamento del monopolio di Poste Italiane. Da notare vi è adesso l’obbligo nell’indicazione del mittente di annotare anche l’indirizzo PEC per i soggetti che, in virtù di altre disposizioni normative, sono obbligati a dotarsene. Vengono rimodificate anche le disposizioni contenute nella legge sulle notificazioni postali in caso di smarrimento dell’avviso di ricevimento da parte dell’ufficio postale. L’operatore postale forma, infatti, una copia per immagine su supporto analogico dell’avviso di ricevimento e provvede a trasmettere con modalità telematiche tale copia dell’avviso al mittente, entro e non oltre 3 giorni. In sintesi una nuova regolamentazione che non stravolge completamente l’assetto antecedente, ma aggiunge aspetti innovativi aprendo inoltre il mercato delle notificazioni ad altri operatori economici attraverso nuovi meccanismi di controllo relativi alla corretta conservazione delle giacenza.

Riguardo all’ordinamento del notariato e degli archivi notarili vengono modificati e aggiunti alcuni commi alla legge notarile del 16 febbraio 1913, n. 89. All’art 4, comma 2,  della suddetta legge si aggiunge ora che “La tabella che determina il numero e la residenza dei notai deve, udite le Corti d’appello e i Consigli notarili, essere rivista ogni sette anni, sulla base dei criteri indicati al comma 1 e tenuto anche conto della variazione statistica tendenziale del numero e della tipologia degli atti ricevuti o autenticati dai notai, e può essere modificata parzialmente anche entro un termine più breve, quando ne sia dimostrata l’opportunità”. Nella stessa legge notarile del 1913, si dispone che agli atti funzionali a promuovere l’azione disciplinare si applichi l’articolo 8, comma 2, della legge antitrust (legge 287/1990). Quest’ultima disposizione prevede che le norme nazionali antitrust non si applichino alle imprese che gestiscono servizi di interesse economico generale, per tutto quanto «strettamente connesso» all’adempimento dei compiti loro affidati. La volontà del legislatore potrebbe sembrare qui quella di schermare le azioni disciplinari dei consigli notarili dagli interventi dell’Antitrust. Il rinvio all’articolo 8, comma 2, della legge 287/1990 inserito dalla legge di Bilancio non aggiunge molto però il problema resterà ancora quello di stabilire in concreto se la connessione con le funzioni pubbliche ci sia e in che misura. Su questo aspetto, i giudici Ue e nazionali hanno affermato in passato che la deroga alle norme di concorrenza debba essere letta in modo restrittivo. Riporto, infine, qui l’ultima modifica, più lunga ed articolata rispetto alla precedente, dell’art. 65 la quale testualmente indica che “a decorrere dalla data stabilita con il decreto di cui al nono comma, il notaio trasmette in via telematica all’Ufficio centrale degli archivi notarili, in formato digitale, per l’inserimento nell’archivio centrale informatico, la copia mensile dei repertori, di cui al primo comma, nonché la copia trimestrale del registro somme e valori, ovvero la certificazione negativa, ed ogni altra documentazione connessa ed esegue i versamenti ai quali è tenuto, a mezzo degli archivi notarili distrettuali, su conto corrente postale gestito dall’Ufficio centrale. L’Amministrazione degli archivi notarili versa, nei termini previsti per gli archivi notarili distrettuali dalla normativa vigente, le somme riscosse per conto del Consiglio nazionale del notariato e della Cassa nazionale del notariato, trattenendo un aggio nella misura del 2 per cento. Il controllo della liquidazione delle tasse e dei contributi e degli importi versati dai notai e l’applicazione e la riscossione delle sanzioni previste per tardivo o mancato pagamento spetta all’archivio notarile distrettuale. I dati estratti dalle copie dei repertori tenuti nell’archivio centrale informatico sostituiscono l’indice delle parti intervenute negli atti, previsto dall’articolo 114. L’Amministrazione degli archivi notarili provvede alla dematerializzazione delle copie mensili di cui al presente articolo conservate su supporto cartaceo dagli archivi notarili. Con uno o più decreti del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentiti il Consiglio nazionale del notariato, il Garante per la protezione dei dati personali e l’Agenzia per l’Italia digitale, sono determinate, nel rispetto del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, le norme di attuazione delle disposizioni che riguardano le modalità di formazione e trasmissione telematica delle copie di cui al quarto comma, i versamenti di cui al quarto e quinto comma, la conservazione, la ricerca e la consultazione dei documenti e dei dati inseriti nell’archivio centrale informatico. Sono altresì stabilite le date di entrata in vigore delle predette disposizioni e le date della cessazione dell’obbligo di eseguire i corrispondenti adempimenti presso gli archivi notarili distrettuali”.

Notaio Camillo Verde